TECNICHE PITTORICHE
Encausto
L’Encausto è tra le più antiche tecniche pittoriche, nota sin dal 1400 a.C., come testimoniano i ritratti del Fayyum in Egitto, le icone custodite presso il Monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai e le pitture murali di Ercolano e Pompei. La tecnica consiste nel mesticare i pigmenti di colore con della cera d’api e acqua di mare, mantenuti liquidi dentro un braciere, per poi applicarli su tavola o parete con un pennello o una spatola. Il colore viene fissato a caldo (encausticazzione) attraverso la cera che solidificandosi gli ingloba per mezzo di strumenti di metallo chiamati cauteri o cestri. È questo un procedimento di notevole complessità,tanto da essere una tecnica quasi del tutto scomparsa, nonostante presenti numerosi pregi come, lucentezza e trasparenza dello strato pittorico oltre a resistenza all’umidità e alle muffe. La tecnica dell’Encausto non va confusa con la pittura a cera usata dagli artisti moderni e che consiste semplicemente nell’uso di colori ad olio disciolti in acquaragia e cera fusa e senza essere fissati a caldo. (PIVA G., Manuale Pratico di Tecnica Pittorica, Editore Ulrico Hoepli - Milano1971).
Acquerello
L’Acquerello è una tecnica pittorica ottenuta diluendo e macinando finemente la polvere colorata con dell’acqua addizionata a gomma arabica o sostanze (glicerina, miele, zucchero)solubili in acqua. La tecnica, eseguita prevalentemente su carta o pergamena, richiede grande preparazione, rapidità di esecuzione. È per eccellenza la pittura di chi vuol dipinge viaggiando o all'aria aperta grazie alla facilità di trasportare gli esigui materiali. La tecnica per questo tipo di pittura varia a seconda dell'effetto finale che si vuole raggiungere e solitamente si suddivide in due metodi di stesura: "bagnato su bagnato" e "bagnato su asciutto". Il metodo "bagnato su bagnato" consiste nell’inumidire leggermente con una spugna l’intero supporto cartaceoe, dopo aver assorbito l'acqua in eccesso con della carta assorbente, si procede con lo stendendo il colore con del pennello bagnato al fine di ottenere gli effetti desiderati. Differentemente la tecnica del "bagnato su asciutto" consiste nello stendere il colore sul supporto modulandone l'intensità e tono, procedendo attraverso "velature" di colore partendo da tonalità molto chiare, alla sovrapposizione di tonalità medie al fine di ottenere mezzi toni o tinte pastello e, successivamente, completando con strati successivi, dal chiaro allo scuro al fine di donare corpo e volume al dipinto. È fondamentale sapere che l'acquerello, diversamente dalla pittura ad olio e tempera, le parti più chiare non vanno aggiunte alla fine dell'opera ma sono la base di partenza del dipinto. Una tecnica molto utilizzata dagli acquerellisti è quella del "colpo di luce" ottenuto passando sul colore più chiaro, ancora bagnato, una rapida pennellata in corrispondenza del punto che si ritiene dare maggiore brillantezza. Fondamentale per l’uso di questa tecnica è la carta per acquerello realizzata con fibre di cotone per consentire l'assorbimento omogeneo del colore e la stabilità del foglio a contatto con l'acqua. In commercio sono disponibili vari formati e grammature a seconda delle necessità. Affine all'acquerello è la tecnica a guazzo (gouache). È una tecnica che si diffuse in Inghilterra nella seconda metà del XVIII secolo. (PIVA G., Manuale Pratico di Tecnica Pittorica, Editore Ulrico Hoepli - Milano 1971).
Affresco
L’Affresco è la pittura murale per eccellenza che consiste nello stendere i colori, precedentemente macinati e diluiti in acqua, su una intonacatura di calce fresca (calcina). L’intonaco, asciugandosi, si combina con l’anidride carbonica contenuta nell’aria, formando una strato compatto e dura, idoneo ad assorbire la pittura. È una tecnica che presenta una elevatacomplessità e difficoltà d’esecuzione. Nell’affresco gli elementi principali da considerare sono tre: il muro, l’arricciato e l’intonaco. 1) Il muro è il piano realizzato con mattoni uniti con calcina, privo di chiodi, stuccature di gesso o parti di legno; 2) l’arricciato è costituito da un impasto di calce (malta) e sabbia da applicare direttamente sul murosenza essere lisciata e dallo spessore che varia dai 30 ai 50 centimetri; l’intonaco composto da calce e sabbia fina (polvere di marmo finissima) in proporzioni da sovrappone all’arricciato. 3) L’intonaco va posato in parte di volta in volta (ogni parte per il tempo di lavoro, cominciando dalla parte superiore del dipinto). Lo spessore dell’intonaco varia da 2 a 6 millimetri. (PIVA G.,Manuale Pratico di Tecnica Pittorica, Editore Ulrico Hoepli - Milano1971.
Tempera
La tempera è una miscela ottenuta mescolando i diversi pigmenti di colore con leganti quali il tuorlo d'uovo, il latte di fico o altre sostanze solubili in acqua. Quando la "pasta" così ottenuta viene stesa sul supporto (tavola o parete), l’acqua evapora formando un sottile ma resistente strato di colore che si conserverà nel tempo inalterato. Questa tecnica raggiunse l’apice tra il XIII e il XIV secolo, per poi essere sostituita dalla scoperta della tecnica ad olio. Tuttavia, la pittura a tempera rimase in uso come "fondo-base" per la creazione di dipinti ad olio. Infatti, molte opere catalogate come quadri ad olio, sono il più delle volte dipinti a tempera e rifiniti con concepiti oleosi, tramite la tecnica della "velatura", una pratica basata sulla stesura di uno o più strati molto leggeri e trasparenti di colore diluito, da sovrapporre sul dipinto asciutto, al fine di alterare il tono del sottostante colore o per ottenere effetti di trasparenza. (PIVA G., Manuale Pratico di Tecnica Pittorica, Editore Ulrico Hoepli - Milano 1971
Pittura ad olio
La tecnica è costituita da pigmenti in polvere mescolati ad oli vegetali a base di semi di lino o di noce o di papavero. Il composto ottenuto essicca al contatto con l’aria. I colori vengono venduti in tubetti di varie misure sul quale viene segnalato il grado di trasparenza (coprente, semi-coprente, semi-trasparente) oltre al grado di nocività. Pertanto le caratteristiche proprie della pittura ad olio sono: la trasparenza, la lucentezza, le mezze tinte, la possibilità di sovrapporre parti di colore asciutto. Altre caratteristiche sono: maggiore durabilità dello strato di pittura rispetto ad altre tecniche pittoriche; insolubilità all’acqua; consistenza del colore; possibilità di poter associare al colore diversi tipi di medium per rendere più o meno fluidi i colori, per aumentare la loro brillantezza o diminuire il loro potere essiccativo.Per dipingere ad olio si usano principalmente pennelli a pelo rigido, costituito di setole di maiale o bue e pennelli a pelo morbido (martora o vaio). Altro strumentario molto utilizzato sono le cosiddette "spatole" di vari tipi e misure che, oltre ad essere utilizzate per mescolare o raschiare il colore, sono utilizzate anche per applicare il colore direttamente sul supporto da dipingere. La trementina o l’acquaragia è il solvente utile per diluire i colori o togliere l’eccesso di pittura. (PIVA G., Manuale Pratico di Tecnica Pittorica, Editore Ulrico Hoepli - Milano 1971
Trompe l'oeil
Trompe l’oeil (dal francese "ingannare l'occhio"), è una particolare tecnica pittorica che, attraverso espedienti, induce nell'osservatore l’illusione di stare ad osservare oggetti reali, tridimensionali, su una superficie piana. Il trompe l'œil consiste quindi nel dipingere un soggetto in modo quasi reale da far sparire alla vista la parete su cui è dipinto, un esempio tipico di questa espressione artistica è rappresentare una finestra dando l’illusione reale della presenza di una finestra. La tecnica era già in uso nella Grecia antica e nella civiltà romana, sino ad epoche meno recenti come si evidenzia nel dipinto dal titolo "Camera degli Sposi" del Mantegna.La tecnica richiede una buona conoscenza del disegno e della prospettiva, oltre alla padronanza dell’uso delle ombre e degli effetti di luce, tali da ottenere l'effetto voluto.
Tecnica dell'Icona
Con il termine Icona, dal greco eikón(immagine), nell’ambito della cultura bizantina e slava, si identifica una particolare raffigurazione sacra, dipinta su tavola, utilizzando una specifica tecnica pittorica (tempera al rosso d’uovo), tramandata nei secoli, i cui soggetti seguono canoni prestabiliti. Nata nel contesto della spiritualità della Chiesa Cristiana d’Oriente, l’iconografia affonda le sue radici nei Vangeli, e vede nella liturgia e nella preghiera la sua ragione d’essere, ricoprendo una funzione liturgica-teologica e dottrinale di primaria importanza, il cui fine principale è quello di testimoniare il Mistero dell’Incarnazione di Cristo.Realizzare un’icona prevede tutta una serie di fasi e passi, tramandati nei secoli, secondo un determinato canone iconografico, che ogni "iconografo" deve necessariamente conosce.
La descrizione di questa tradizione è riportata in un manoscritto dal titolo "Ermeneutica della Pittura" scritto nel XVII secolo dal monaco Dionisio da Furnà, vissuto nell’eremo di Esphigmenon sul Monte Athos. L’opera riporta una dettagliata documentazione sull'istruzione dell’arte pittorica fondata dal monaco Manuel Panselinos, tra gli esponenti di spicco della scuola macedone del XIII secolo. Le più antiche icone furono eseguite su tavole di legno con la tecnica dell’encausto, quelle successive a "tempera d’uovo", una pratica ancora oggi in uso. La fase iniziale del lavoro consiste nella scelta della tavola che deve essere tavola di legno massello, tenero e compatto, idoneo ad offrire un solido supporto alla pittura. Tra le molteplici varietà di legno sono da preferire principalmente il tiglio, il larice, l’abete e il pioppo. Tuttavia, va bene ogni tipologia di legname, purché sia ben stagionato, poco resinoso e compatto, in modo da non fare incurvare la tavola. Col passare del tempo, infatti, il legno tende ad arcuarsi a causa della variazione di umidità o dalla scarsa stagionatura. Questo inconveniente lo si previene incuneando sul retro della tavola, per mezzo di incavi preventivamente preparati, due zeppe di legno duro (faggio), a forma di "coda di rondine", posizionate perpendicolarmente alle venature del legno, in modo tale da esercitare una trazione che si oppone alla superficie da dipingere procurando alla tavola un’elasticità che ne eviti l’incurvamento. Altro procedimento per contrastare la torsione della tavola è quello di posizionare due listelli di legno duro da inserire lungo lo spessore delle due estremità, in alto e in basso.
La successiva fase consiste nell’effettuare un incavo di pochi millimetri nella parte centrale della tavola mediante l’uso di uno scalpello o di un pantografo. L’incavo chiamato "culla" o "arca", delimita la zona riservata al dipinto, che deve essere liscia e di profondità regolare (tra i 2 e i 5 millimetri). Lo scavo crea un bordo laterale alla tavola, largo dai 3 ai 7 centimetri, che funge da "cornice naturale".
La cornice diviene parte integrante dell’icona, il cui compito, oltre a delimitare il dipinto, è quello di raccogliere iscrizioni o preghiere o persino raffigurazioni scenografiche della vita del personaggio ritratto. Questa presenta simbolicamente la distanza tra il piano terrestre e quello divino delineato dalla "culla" che custodisce come in uno scrigno l’immagine rappresentata. Preparata la tavola si procede alla fase di intelaiatura della superficie da dipingere. Questa consiste nell'incollare una sottile tela (lino o cotone) sulla superficie da dipingere. Dopo aver incollato la tela sulla tavola si prosegue con l’"imprimitura", che consiste nella preparazione di un "fondo-base", tale da rendere la superficie da dipingere omogenea e ben levigata.
Nella tecnica dell’icona questo procedimento prende il nome di "levkas" (bianco). Il "levkas" è un composto di argilla bianca, costituito da carbonato di calcio che, a secondo della provenienza, prende nomi diversi: Bianco di Meudon, Bianco di Spagna o Bianco di Bologna. Il preparato, misto ad un collante (colla di coniglio) costituisce la base per la preparazione di diverse tecniche pittoriche e, tra queste la "tempera al rosso d’uovo". Il composto miscelato secondo dosi ben stabilite, viene steso caldo con pennello o spatola in più strati successivi ad intervalli regolari, affinché ogni strato sia asciutto completamente. In commercio sono presenti preparati per la stesura del "fondo-base" già pronti all’uso. Si stende il composto con una spatola in più strati (da quattro a sei) sulla superficie da trattare, in modo tale che il preparato penetri bene nella porosità della tela.
Quando i vari strati di gesso saranno ben asciutti, si procede a ridurre le imperfezioni carteggiando la superfice tramite un "raschietto da doratore" o con della carta abrasiva sottile, portando la superficie liscia ed omogenea. La tavola è pronta per essere disegnata e successivamente dipinta. Il disegno ha una parte predominante per la preparazione di un’icona. Esso è realizzato sulla base di figure geometriche semplici (triangolo, quadrati o cerchio) che si intersecano tra loro sulla base di canoni dettati nei secoli dagli iconografi. Si comincia a disegnare la tavola riportando fedelmente la figura scelta attraverso l’uso della carta da ricalco. Successivamente, ogni tratto del disegno verrà inciso utilizzando un portamine con l’aggiunta di una punta di chiodo, allo scopo di non perdere, dopo la sovrapposizione del colore, le linee principali del disegno, in particolare quelle da destinare alla doratura. Il disegno è caratterizzato inoltre da un elemento specifico di primaria importanza ovvero, la prospettiva che, nel caso dell’icona, prende il nome di "prospettiva inversa". La doratura di un’icona consiste nel coprire con della foglia d'oro le parti da decorare.
Si tratta di una tecnica che richiede una speciale attrezzatura e una notevole abilità che si acquisisce solo dopo una lunga pratica. Il sistema di doratura più antico è la cosiddetta "doratura a guazzo", in uso dai monaci bizantini e in tutto il Medioevo per dorare preziosi dipinti. La fase preparatoria avviene con lo stendere sulle zone preposte alla doratura una mistura detta "bolo", un composto di argilla addizionato a della colla, sulla quale verrà applicato l’oro in foglia.
Terminata la doratura si prosegue con la lucidatura dell’oro (brunitura) che avviene tramite l’uso di particolari attrezzi (brunitori). Di facile applicazione risulta la doratura con oro liquido puro o similoro in polvere e di diverse tonalità. Tra i principali attrezzi del doratore si segnalano: il "cuscino da doratore", che rappresenta il piano di lavoro dove viene stesa e tagliata la foglia d’oro, costituito da una tavoletta imbottita e foderata con pelle scamosciata; il "coltello da doratore", studiato appositamente per tagliare la foglia d’oro; la "pennellessa da doratore", preferibilmente in pelo morbido di vaio o martora, utilizzata per raccogliere e posare la foglia d’oro. Altro importante strumento è rappresentato dai "brunitori di agata". Si tratta di pietre d’agata montate con ghiera metallica su un manico tornito di legno che permettono di levigare e lucidare la foglia d’oro posta sul bolo. Delimitate le parti trattate con la foglia d’oro, si passa alla fase pittorica che, secondo i canoni iconografici, si esegue con la "tempera al rosso d’uovo".
Questa è un’antica tecnica che consiste nell’utilizzare pigmenti di colore stemperati con del tuorlo d’uovo. Il composto ottenuto viene poi diluito con acqua al momento dell’utilizzo, per farne una pasta densa e al contempo fluida. Nella fase pittorica si stendono sulla tavola, strati di colore uniforme dalla tonalità scura, per poi proseguire, con l’aggiunta di più strati sovrapposti (da cinque a sette) tonalità sempre più chiare e finendo il lavoro con brevi tratteggi luminosi ottenuti con l’uso di ocra chiara e bianco di titanio. Oggi si utilizzano colori a tempera già preparati che facilitano di molto la preparazione di un icona, talvolta anche con l’impiego di tecniche miste come l’olio sovrapposto alla tempera, pratica questa, molto utilizzata dai maestri del Rinascimento.
La fase finale dell’icona consiste nella finitura (verniciatura) che avviene per mezzo di prodotti (Gommalacca, Dammar) che, oltre a contribuire a dare un tocco particolare al dipinto, hanno anche una funzione protettiva. Nella tradizione antica la verniciatura avveniva per mezzo dell'"olifa", una sorta di mistura grassa a base di olio di lino cotto alla quale veniva aggiunto del sale di cobalto e dell’ossido di piombo. Questa tecnica di finitura ha dato a molte icone un aspetto scuro, poiché il composto a base di olio di lino cotto tende ad annerire col passare degli anni. (M. VERDINI, L’icona di Maria, ARS SACRA GIOVERDI - Taranto 2022)